L’INTERVENTO
Il recupero a senso unico di Portanova da IL MATTINOGiuseppe Riccio.Piazza Portanova è luogo carico di storia e di umanità: nel '500 fu campo del «sedile» dove il magistrato amministrava giustizia. Lì abitò il Principe su cui Masaniello depose le speranze del cambiamento. Lì esiste un luogo di culto di singolare devozione, quello che esponeva la «Madonna nera» (S. Maria in Cosmedin). Poi vi fu l'offesa della modernità. Come tutta Napoli, la piazza è diventata luogo di sosta delle auto; la chiesa è diventata, dopo il terremoto, deposito e da allora è chiusa, da lì sono scomparse anche le effigie dei santi. Contro queste - ed altre offese - si muovono ora le istituzioni. E se della Chiesa nulla si sa, è vietato il caotico parcheggio che pure negli anni addietro esponeva il tabellone con «l'autorizzazione del Comune». Il fatto è che ormai da più di due settimane Piazza Portanova è onorata (o tormentata) dalla presenza giornaliera e continua di addetti alla municipalità, che dispensano contravvenzioni a chi - abitanti o meno - occupa spazi non adiacenti ai marciapiedi. La ragione dichiarata è nobile; anche se, in una logica più generale, a qualche sociologo può risultare pericolosa in termini di prevenzione; ma questo è altro problema. È nobile, perché si iscrive nella lotta per la legalità, di cui l'«abusivismo» appare essere una delle componenti di crisi. Tuttavia, i cittadini di piazza Portanova si pongono legittimi interrogativi a cui da nessuna parte vi era data risposta. Anche perché quel «mitico» luogo insiste in un contesto territoriale - quello di Corso Umberto e dintorni - che testimonia - all'opposto e sotto ogni aspetto - degrado e illegalità, rispetto ai quali non si notano segnali di rimozione. Corso Umberto è oggi - con piazza Garibaldi - un avvilente biglietto da visita per il viandante; che passa in un «budello» di traballante stabilità arricchito da una inimmaginabile quantità di auto in sosta (spesso legittima per mancanza dei segnali di divieto) e per la ininterrotta fila di venditori ambulanti che sostano davanti ai negozi, da piazza Garibaldi a piazza Borsa, su tutti e due i lati e senza soluzione di continuità. Questo rilevamento scatena un inquietante interrogativo: come mai e perché i commercianti del luogo non si ribellano a questo mercato parallelo, che spesso espone, nella via, uguale merce del negozio davanti al quale quel mercato si esercita? Anche qui il sociologo avrebbe da dire; anche sul terreno dei flussi migratori. Perciò, alla meraviglia per la quantità di risorse umane sprecate quotidianamente per evitare che gli abitanti di piazza Portanova possano parcheggiare, si aggiunge il sospetto, proprio per la continuità della presenza dei carri-gru e, soprattutto, perché i dintorni sono così intasati di auto in sosta da dimostrare la forza della Provvidenza: per esempio, guai se per via Portanova o Miroballo dovesse transitare un'ambulanza o, peggio, un camion dei pompieri. Alla meraviglia si aggiunge il sospetto che vi sia un progetto per il «recupero urbanistico» della piazza, per il quale gli abitanti ringraziano per tanto onore e tanta attenzione rivolta ai suoi cittadini. Grazie, tanto più forte, se si recupererà anche il luogo di culto. Ma eliminare l'abusivismo e restituire piazza Portanova alla sua storia è cosa nobile ed auspicabile, a condizione che chi abbia la fortuna di abitare lì possa ancora godere - lecitamente - di quanto è concesso - spesso illecitamente - agli altri cittadini, o di quanto da questi è illecitamente usurpato. Gli abitanti di piazza Portanova, cioè, non chiedono altro che il Comune dia esecuzione alla sentenza n. 64693/03 (avete letto bene: del 2003!), notificata il 12 maggio 2004, con la quale si imponeva di «adottare un sistema di segnaletica diversa e idonea ad evitare il caos» e di predisporre, ovviamente, come in altri luoghi (pochi per la verità) le zone destinate agli abitanti; in mancanza di ciò, dice il giudice, «è illegittimo il processo verbale di contravvenzione». Questa civile «protesta» - che non minimizza le responsabilità per lo stato di degrado della città, che pure è elevato - vuole essere solo la messa in mora del Comune a fare quanto ordinatogli per via giudiziaria. Se, poi, i progetti sono altri, lo si dica con chiarezza e li si realizzi con razionalità, senza penalizzare cittadini che - non per loro colpa - abitano in zone totalmente prive di parcheggi a causa di risalenti, miopi azioni politiche. Insomma, in questo caso, la modernità non può essere alternativa alla storia. Perciò, se per piazza Portanova è finalmente venuto il tempo del suo recupero, è bene che questo non venga fatto «di nascosto» né in danno degli abitanti. È questa la civiltà del terzo millennio.