
Il piano del governo: riaprire la chiesa entro il 2009
L’invito
Il Comitato al ministro dei Beni culturali: venga a vedere il cantiere
GERARDO AUSIELLO - IL MATTINO - Un milione e 600mila euro. È la cifra stanziata dal governo Berlusconi per il restauro della storica chiesa di Sant’Agostino alla Zecca, chiusa da 28 anni. I fondi serviranno per completare i lavori del tetto e della facciata, pesantemente danneggiati dal terremoto del 23 novembre 1980. Da allora è iniziato il calvario del tempio, uno dei più belli di Napoli, la cui ristrutturazione è andata avanti a singhiozzo per mancanza di finanziamenti e lungaggini burocratiche. Fino alla decisione di questi giorni del premier Silvio Berlusconi e del ministro Sandro Bondi, che si sono impegnati per l’imminente riapertura. «Siamo lieti - hanno spiegato giovedì durante la visita in città - di poter contribuire al recupero di un luogo così significativo per i napoletani». Non è escluso, inoltre, che lo stesso Bondi possa tornare all’ombra del Vesuvio nei prossimi giorni per seguire le operazioni di restyling che dovrebbero concludersi nel 2009: a spingere per il sopralluogo dell’esponente del governo e di una delegazione di parlamentari è il Comitato Sant’Agostino che fin dall’inizio segue le sorti della chiesa immersa nel degrado. Sono in corso contatti con la sovrintendenza e il ministero dei Beni culturali per tenere l’iniziativa proprio il 23 novembre, giorno dell’anniversario del terremoto dell’80. «Le dichiarazioni di queste ore ci confortano - spiegano Salvatore Castiello e Gianfranco Wurzburger, promotori del Comitato che ha anche realizzato un gruppo su Facebook - Speriamo che non passi troppo tempo per rivedere aperta Sant’Agostino e che si provveda contestualmente alla sua vigilanza, cura, pulizia. La gente di Forcella ha bisogno di segnali attendibili di vicinanza da parte del governo, di concretezza e rinascita del territorio. Tutelare i monumenti può essere una risorsa per Forcella. Puntiamo sulla cultura, la vera svolta per Napoli». Nel corso degli anni la chiesa si è trasformata in un cantiere: è infatti impossibile entrare dall’ingresso principale, bisogna salire in ascensore da un portone del corso Umberto. È un cantiere dal quale da tempo sono state tolte le opere d’arte superstiti trasportabili. Restano gli affreschi di Giacinto Diano, il pulpito in marmo di Porto Venere e ancora le tombe del musicista settecentesco Niccolò Jommelli e del servo di Dio, Giovan Battista Jossa, usciere del Tribunale ai tempi di Murat. Il finanziamento dell’esecutivo non basterà, invece, per il restauro del campanile e delle catacombe, dove c’è la cripta con le ossa venerate (come si faceva alle Fontanelle) e dove negli anni Ottanta furono trovate armi dei clan della camorra. Intanto sul Filangieri le acque restano agitate dopo lo scontro a distanza tra Bondi e il sindaco Rosa Russo Iervolino. «Il museo, di proprietà degli eredi Filangieri - spiega l’assessore comunale alla Cultura Nicola Oddati - è chiuso al pubblico dal ’99 ma è considerato a tutti gli effetti un bene della città». Così l’Amministrazione stanzia annualmente un contributo di 200mila euro per il personale e la sorveglianza della struttura. Il problema è che il cronologico dei pagamenti procede a rilento a causa della scarsa liquidità dell’ente (da qui l’invito del primo cittadino al ministro Giulio Tremonti a sbloccare i 100 milioni di euro previsti per Palazzo San Giacomo) e il ritardo accumulato è di circa un anno e mezzo. «Nei prossimi giorni concederemo al conte Gianpaolo Leonetti, direttore del Filangieri, un’anticipazione di 60mila euro sulla somma dovuta. Siamo poi in attesa che la Regione approvi il progetto di ristrutturazione del museo grazie ai fondi europei. Così potrà essere nuovamente visitabile».
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