SENZATETTO LA PROTESTA
PIETRO TRECCAGNOLI - IL MATTINO - C’è un improvvisato e tollerato torneo di calcetto a piazza Mercato, con tanto di porte, appoggiate sui bàsoli, arbitro e divise del Milan e del Napoli. Il pubblico, soprattutto ragazzi e ragazze, commenta seduto sui motorini mentre mangia una granita al limone. C'è il sole. E ci sono le elezioni. Di questo si parla nei capannelli fuori ai bar del Carmine. Una domenica normale, non fosse per gli striscioni davanti alla basilica, come una fabbrica occupata e non un edificio sacro. Ci sono anche le messe. Non nella chiesa del Carmine, ma nella parrocchia di Sant’Eligio, dall'altro lato della piazza. Qui, a Sant'Aloja, un tempo i cocchieri portavano i cavalli a benedire, ora invece si accolgono i parrocchiani fuori sede, sfrattati dagli sfrattati. Ieri c'erano le cresime. È venuto il vescovo ausiliario, Antonio Di Donna, che, quando gli si chiede dell'occupazione, preferisce non commentare. Congiunge le mani: un gesto inequivocabile per affidarsi a una volontà e a un’autorità più in alto della propria. Alle 9.30 il carmelitano Domenico Lombardo ha detto messa qui, a Sant’Eligio, per i fedeli del Carmine. Alla fine della liturgia poche parole: «Se i fedeli non possono venire da noi, andiamo noi dalle famiglie». Altro non vuole aggiungere. A parlare sono i fedeli. Molti parrocchiani, una cinquantina, hanno deciso di non votare per protesta: «Ci hanno lasciato soli». In tanti si dissociano dall'esposto dei giorni scorsi. Il diacono Giulio Ricca: «I parrocchiani capiscono, ma sono in pena per la chiesa». ”Vedete” aggiunge una signora «come padre Domenico passa silenzioso per la strada, quasi mortificato, prima si fermava a salutarci tutti». ’A mamma d’o Càrmene soffre per gli sfrattati e per la sua casa, si dice in giro. Non c'è rivolta. Carlo Mignola è un pensionato del Banco di Roma: «Mia moglie è in fin di vita al Monaldi. Mi ha chiesto di venire a invocare per lei la Madonna del Carmine: è molto devota. Però la messa l'hanno detta a Sant'Eligio. Ho pregato lui, va bene lo stesso». Be’, certo, i santi non fanno i «sofistici», sono comprensivi per natura. La basilica barocca non è sbarrata, comunque. Entra chi vuole. Ci sono anche degli impavidi turisti che scattono foto alle tele e al monumento per Corradino di Svevia. «Abbiamo detto anche più volte ai frati di dire mesa lo stesso, pure per noi» ripetono molti senzatetto: «Ma ci hanno risposto di no, ché la chiesa va riconsacrata». Per i fedeli, più della domenica il giorno critico è il mercoledì. «È tradizionalmente dedicato alla Madonna del Carmine. Si dice una messa ogni ora» spiegano i parrocchiani che in piazza guardano la Basilica senza avere il coraggio di entrare. «Vengono devoti da tutta la regione e sono costretti a tornarsene a casa delusi». Le donne lavano per terra, instancabili. Fuori, tra la facciata e l'inferriata hanno steso i panni ad asciugare. Nella navata aleggia un odore di accampamento. Dieci giorni, 348 persone, è il minimo. L'assessore municipale, Gianfranco Wurzburger, è mobilitato da sempre. Ha dovuto trascurare per qualche ora la campagna elettorale. Per martedì, finito il baillame nei seggi, è previsto un incontro. Il Comune potrebbe offrire altri alloggi provvisori, oltre all'ufficio postale di via Stadera, ma solo per i 121 residenti a Napoli. Per godersi il passaggio tv delle loro portavoce, su Canale 5, questi eterni profughi hanno recuperato un televisore e hanno visto «Buona domenica» dall'atrio del Carmine. Sono soddisfatti. Soprattutto per l'impegno di Paola Perego di farli ritornare domenica prossima con un aggiornamento. «È un dramma» ammette Gennaro Orefice un parrocchiano che fa il fotografo. «Però non vorrei che trovata la soluzione per questi disperati, ne arrivassero degli altri che, forti del precedente, invocassero una casa anche per loro. Non se ne esce più, così». Anche perché secondo un detto popolare, ripetuto a mezza voce dagli abitanti («Ma non scrivetelo perché poi si offendono»), «i pazzi e i pezzenti li mandano al Carmine».
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